NON SI SA COME

11 marzo 2014 ore 21

Al centro di Non si sa come vi è un delitto. Il tipico delitto di cui chiunque potrebbe macchiarsi in un atto irriflesso. Un atto, sul momento privo di significato, cui seguono conseguenze che marchiano a fuoco per sempre delle vite. Uno di quegli atti che, non si sa come, ci portano a fare quello che facciamo. È stato commesso un adulterio: Ginevra, innamoratissima moglie di Giorgio, in un attimo di smarrimento si è data a Romeo Daddi, amico di Giorgio e marito di Bice. Ma mentre in Ginevra ogni traccia dell’episodio è scomparsa, in Romeo sorge impellente la necessità di analizzare l’assurdità dell’accaduto e i limiti della responsabilità umana. Tanto più che un altro episodio pesa sulla sua coscienza: Romeo, da ragazzo, in una rissa casuale, aveva ucciso un coetaneo, senza che la sua colpa venisse mai scoperta. Tormentato da un conflitto interiore, Romeo è diventato irriconoscibile al punto che amici e conoscenti lo ritengono impazzito. Egli inoltre prende a sospettare che anche sua moglie Bice potrebbe averlo tradito, così, quasi inconsciamente, come lui aveva tradito lei, in uno di quei delitti che tutti noi, a volte, compiamo non si sa come. Da questa situazione di partenza Pirandello svolge uno dei suoi drammi più feroci e strazianti. Dando alle stampe nel 1981 una raccolta di saggi sul drammaturgo siciliano, e intitolandola Pirandello e la stanza della tortura, il francesista Giovanni Macchia individuava una formula interpretativa ricca di sviluppi non solo critici ma anche e soprattutto legati alla pratica scenica. La claustrofobia dei salotti, delle camere da pranzo o da letto, delle chiacchiere mondane, dei triangoli amorosi e quant’altro, non ci appare più solo una feroce critica a una borghesia meridionale morente, avvelenata dai suoi stessi imperativi morali e sociali. Grazie al grimaldello critico della formula di Macchia, la drammaturgia pirandelliana prende ad aprircisi oggi anzitutto come una nuova (tuttora nuova!) proposta di spazio scenico: lo spazio della mente, lo spazio dell’anima, lo spazio dell’inconscio, lo spazio dell’autoanalisi, lo spazio delle terapie impossibili… La tortura, insomma, che ognuno di noi esercita su se stesso nello sforzo di comprendere il mondo, i propri istinti, i desideri, e la presenza dell’altro, della donna, il mistero delle relazioni interpersonali che sfuggono alla razionalità e su cui questa, tuttavia, non cessa di esercitarsi fino a ulcerazioni estreme.

di Luigi Pirandello
regia Federico Tiezzi
con Sandro Lombardi, Francesco Colella, Marco Brinzi, Elena Ghiaurov
Compagnia Lombardi – Tiezzi